E' causata dal virus PPV (Plum pox virus) ed è la più grave malattia delle drupacee, dannosa soprattutto su pesco. Il nome sharka è di origine bulgara e vuol dire "vaiolo", per questo la malattia è detta anche Vaiolatura delle drupacee.
Ne è stata individuata la presenza in quasi tutta Europa e in alcuni paesi del Mediterraneo; in Italia è presente già dagli anni '70. Si è diffusa in particolare in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia, diventando in alcune zone un fattore limitante della coltivazione delle drupacee, in particolare del pesco, e rappresentando un problema per tutta la filiera frutticola.
Nel 2010 la Sharka è stata segnalata in preoccupante aumento nell'Italia meridionale e in particolare in Basilicata (Metaponto).

Piante ospiti
Attacca le piante del genere Prunus e coi suoi diversi ceppi colpisce sia drupacee coltivate (pesco, albicocco, ciliegio, susino, mandorlo, ornamentali e specie di prunoidee comunemente utilizzate come portinnesto) sia drupacee spontanee; addirittura è stata rinvenuta su piante erbacee presenti nel cotico erboso. Sia le drupacee spontanee che le piante erbacee possono funzionare da "serbatoio" di inoculo del virus.

Ceppi di PPV
Sulla base di specifiche caratteristiche sono stati individuati tre ceppi principali del virus della Sharka (denominati PPV-M, PPV-D, PPV-Rc) e tre ceppi minori. Questi ceppi si differenziano tra l'altro per caratteristiche biologiche come la virulenza (cioè la capacità di moltiplicarsi nell'ospite e di indurre la malattia), la gamma di piante ospiti e la trasmissibilità da parte degli afidi.

Modalità di diffusione
La diffusione di PPV avviene prevalentemente attraverso:

  •   moltiplicazione vegetativa di piante infette;
  •   afidi vettori.

L'impiego di materiale di propagazione infetto (gemme, marze, portinnesti) è il principale veicolo di introduzione del virus in nuove aree.

Sintomi e diagnosi
I sintomi variano molto in funzione della sensibilità della specie e della varietà della pianta ospite. Compaiono sia sui fiori, in particolare quelli rosacei del pesco, sia su foglie, frutti e corteccia dei rametti: di solito sono più evidenti in primavera e tendono ad attenuarsi in estate, con l'aumentare della temperatura. I periodi più idonei per l'individuazione dei sintomi sono: maggio-giugno sulle foglie e mesi estivi sui frutti.
Osservare i sintomi è utile per una prima forma di diagnosi della malattia, tuttavia non si può fare una diagnosi di presenza di PPV solo in base ai sintomi fogliari osservati, i quali possono essere causati anche da virus diversi in grado di indurre manifestazioni simili a quelle di Sharka. Per tale motivo la certezza della diagnosi può avvenire solo con un'analisi di laboratorio il cui esito è tanto più affidabile quanto più corretto è stato il campionamento, poichè il virus ha una distribuzione irregolare nella pianta. Il periodo migliore per l'esecuzione delle analisi di laboratorio è la primavera-estate.

Nell'ALBICOCCO si manifesta sulle foglie con zone clorotiche (cioè più chiare) lineari o in forma di piccoli anelli tra le nervature, che poi in alcune varietà tendono a diventare marroni col caldo intenso; sui frutti si formano tipiche deformazioni, anelli infossati e butterature, la polpa diventa suberosa e/o matura in ritardo; nell'albicocco sono colpiti anche i nòccioli dei frutti, con evidenti anelli clorotici.

Nel PESCO la Sharka provoca una caratteristica rottura di colore sui petali dei fiori delle varietà a fiore rosaceo, con striature rossastre che spiccano sul fondo rosa chiaro e che tendono ad avere un andamento sinuoso o parallelo alle nervature; questo sintomo non si riscontra nelle altre specie ospiti. I fiori delle varietà di pesco a fiore campanulaceo non manifestano nessun sintomo. Sulle foglie si notano linee sinuose/ondulate, finemente seghettate, di colore verde chiaro/giallo, delimitanti aree più o meno decolorate, spesso localizzate sulle nervature secondarie, talvolta ad anello. I sintomi su foglia possono interessare anche solo una porzione di superficie fogliare. Nel periodo autunnale le aree fogliari colpite tendono ad assumere colore bruno/rossastro, che contrasta con la colorazione di fondo verde delle parti non colpite. I sintomi sono più evidenti sulle foglie basali e mediane dei germogli in fase di accrescimento. La distribuzione dei sintomi sulla pianta non è omogeneae spesso può essere limitata ad una branca secondaria o terziaria o ad un singolo germoglio nell'ambito di una pianta. In alcune varietà le giovani foglie infette possono cadere. Anche sulla corteccia dei giovani rametti colpiti si possono osservare maculature ad anello e zone decolorate, dall'autunno sino a primavera.

Attenzione ai sintomi sui frutti
I sintomi sui frutti si differenziano in base alla varietà, ma in genere si presentano con macchie irregolari o anelli decolorati e/o giallastri che possono interessare tutto il frutto o parte. Le aree decolorate si possono riscontrare anche su frutti non ancora maturi, ma si manifestano in forma più grave in prossimità della raccolta. I frutti di alcune varietà di pesco, come le nettarine, oltre alle decolorazioni presentano anche deformazioni e protuberanze di colore rossastro, più o meno accentuate. La Sharka, oltre al danno estetico al frutto, può provocare una cascola pre-raccolta (frequente nel susino), una minore pezzatura e un peggioramento delle caratteristiche organolettiche dei frutti.

 

Erwinia amylovora è il batterio responsabile della patologia nota come colpo di fuoco batterico delle Pomacee (famiglia Rosacee sottofamiglia Pomoidee).

Nonostante il batterio non sia in grado di penetrare attivamente all'interno dei tessuti vegetali, il suo potenziale infettivo è elevatissimo. La colonizzazione dei tessuti, inoltre, può avere un decorso estremamente rapido e distruttivo (si ricorda che nel periodo successivo alla sua prima comparsa interi frutteti sono stati devastati dalla sua attività).

Esplica la sua azione distruttiva internamente alla pianta a seguito dell'invasione dei tessuti vegetali. A differenza però di organismi in grado di penetrare attivamente nei tessuti vegetali delle piante ospiti, come ad esempio l'oidio, il patogeno responsabile del colpo di fuoco deve necessariamente servirsi di passaggi preesistenti: stigmi, nettari fiorali, ferite sia grandi sia piccole, idatodi, lenticelle, tricomi, oltre alle microferite di deiscenza delle antere.

Il batterio generalmente riprende la sua attività all'interno dei cancri svernanti (formatisi al termine della stagione precedente) durante l'ingrossamento delle gemme della pianta ospite, ma a causa delle temperature ancora basse, in questa fase, il processo di diffusione non ha ancora avuto inizio.
La prima fase fenologica in cui il rischio d'infezione è estremamente elevato è la fioritura primaria, ma è importante ricordare il ruolo fondamentale giocato dall'umidità ambientale nel processo infettivo del fiore. In ambiente secco, infatti, il batterio può moltiplicarsi solo alla superficie degli stigmi senza causare alcun sintomo; la sua presenza epifitica può rimanere asintomatica per giorni, anche fino a quattro settimane e, permanendo bassa umidità, non si ha alcuna infezione.

Quando l'ambiente diviene umido, al contrario, la popolazione stigmatica si accresce rapidamente e i germi, trascinati dal film liquido di pioggia o rugiada, possono colonizzare i nettari sottostanti (i nettari sono le più importanti sedi fiorali per la penetrazione di E. amylovora) con conseguente comparsa dei sintomi. L'invasione progressiva dei fiori avviene attraverso gli spazi intercellulari del tessuto conduttore dello stilo e del tessuto nettarifero. E' importante sottolineare che, se le condizioni risultano essere adatte, anche una singola cellula batterica è in grado di inocularsi con successo.
Le condizioni ambientali, soprattutto quelle che si riscontrano durante la primavera e l'autunno, sono altamente favorevoli e le infezioni, nel caso in cui non vengano messe in atto le specifiche strategie di prevenzione, si susseguono numerose.

Durante la stagione vegetativa, in assenza di fioriture, le sedi di penetrazione sono principalmente le ferite; importanza secondaria hanno gli stomi aeriferi, i tricomi ghiandolari, gli idatodi delle foglie e le lenticelle dei fusti.
Nelle foglie e nei germogli succulenti l'inoculazione ha luogo per lo più attraverso ferite di entità assai variabile: colpi di grandine, tagli di potatura, abrasioni a causa del vento per lo sfregamento di rami o legacci, microferite.
Per foglie e frutti sono esiziali i colpi di grandine; per germogli, branche e tronco lo sono anche le ferite conseguenti a violenti colpi di vento, assai efficaci nel creare spaccature in corrispondenza delle forcelle di branche e dei punti ove giovani fusti siano legati a sostegni.

A penetrazione avvenuta, il batterio si ancora ai tessuti ed ha inizio la colonizzazione degli spazi intercellulari e/o delle cavità xilematiche, processi per i quali l'attitudine di E. amylovora è particolarmente elevata.
Entro i vasi xilematici e probabilmente anche nel floema, E. amylovora può poi muoversi endofiticamente in senso acropeto anche a distanze ragguardevoli ed in tempi relativamente brevi. La colonizzazione batterica dei tessuti comporta riempimento degli spazi intercellulari, trachee, tracheidi e cavità lisigene, con una miriade di germi inclusi entro abbondante polisaccaride extracellulare. Con il proseguire del processo infettivo, il volume della massa batterica aumenta a dismisura a seguito di numerose divisioni cellulari.
In condizioni di umidità relativa dell'aria pari al 100% la massa si idrata aumentando il proprio volume a dismisura, fino ad essere spinta esternamente attraverso fratture e pertugi del tessuto malato ed affiorare ed accumularsi in superficie sotto forma di gocciole mucose di essudato. L'essudato esprime, pertanto, il modo di evasione passiva del batterio dalla pianta ospite, permettendo una sua rapida diffusione nell'ambiente circostante.

Il parassita è oggetto di lotta obbligatoria. In base alla normativa vigente la Regione Liguria ha aggiornato la propria rete di monitoraggio in ragione delle mutate condizioni di insediamento del patogeno nelle regioni confinanti, dello sviluppo dei trasporti su gomma, dell'apertura e del potenziamento delle direttrici stradali e autostradali con l'entroterra.

E' una malattia dell'olivo diffusa in tutto l'areale di coltivazione.
Lo sviluppo della malattia è fortemente legato, nei vari ambienti, alle condizioni climatiche. Affinché avvenga l'infezione sono necessarie un'alta umidità relativa ed un elevato numero di ore di bagnatura della vegetazione. Risultano inibenti sia le alte temperature estive che le minime invernali (al di sotto dei 3-4 °C). Il periodo di incubazione può variare da uno a tre mesi.
Ne risulta pertanto che nelle regioni meridionali italiane normalmente non si registrano attacchi nel periodo estivo. In Liguria le infezioni si registrano normalmente in primavera ed in autunno.

Sintomi
Colpisce tutti gli organi verdi ma i sintomi sono evidenti soprattutto sulla pagina superiore delle foglie, dove compaiono macchie per lo più a contorno circolare, di colore bruno, del diametro di poco superiore al centimetro, che in alcuni periodi risultano circondate da un alone giallastro o bruno rossastro. Le foglie infette cadono anticipatamente. Soprattutto nelle annate particolarmente umide e piovose la filloptosi può risultare particolarmente intensa.
Danni, sicuramente meno evidenti, possono essere registrati a carico dei frutti.

La peronospora è una malattia causata dal fungo Plasmopara viticola che colpisce le foglie e i grappoli di vite. E' stata segnalata per la prima volta in Europa nel 1878, probabilmente giunta dall'America in seguito all'importazione dal continente americano di viti da utilizzare come portainnesti resistenti alla fillossera.
Quando la pianta ha raggiunto uno sviluppo tale da essere ricettiva agli attacchi del fungo e non appena si verificano condizioni meteorologiche particolari (regola dei tre 10: lunghezza dei germogli superiore a 10 cm, temperature minime assolute superiori a 10 °C, piogge superiori o uguali a 10 mm in 24 - 48 ore) può partire la cosiddetta infezione primaria di peronospora.
Il fungo penetra nella foglia e, dopo un certo periodo detto di incubazione durante il quale il fungo si sviluppa all'interno dei tessuti fogliari, fuoriesce nuovamente con i suoi organi di propagazione. Da questi organi potranno avere luogo le infezioni secondarie, che possono susseguirsi ogni volta che si verificheranno condizioni favorevoli di temperatura e di bagnatura fogliare.

I sintomi
Come conseguenza dell'infezione primaria le foglie presentano sulla pagina superiore le cosiddette "macchie d'olio", cioè chiazze tondeggianti con colorazione che va dal verde chiaro al giallastro e che diventano traslucide con l'avanzare dell'incubazione. Sulla pagina inferiore, in corrispondenza delle macchie d'olio si sviluppa una muffa biancastra costituita dagli organi di diffusione del fungo; in seguito la macchia necrotizza, determinando disseccamenti localizzati. Nei casi più gravi forti attacchi di peronospora possono comportare la perdita totale delle foglie.
L'attacco su grappolo segue quello sulle foglie; il rachide assume un aspetto afflosciato con tacche color verde/bruno, talvolta può ripiegarsi a esse e successivamente dissecca.

 

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