Qualora per iniziare o variare l'attività agrituristica siano previsti gli interventi urbanistico-edilizi di cui alla dgr n. 59/2020, si applicano le procedure di cui al punto II della L.R. 10/2012 nel cui ambito deve essere verificata anche la sussistenza dei requisiti per l'esercizio dell'attività agrituristica relativamente alla prevalenza e connessione dell'attività agricola rispetto all'attività agrituristica, tramite la seguente modulistica.

A lavori edilizi ultimati, avendo conseguito il certificato di agibilità, prima dell'avvio dell'esercizio dell'attività il titolare è tenuto a presentare SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) .

Tutti i prodotti liguri della panificazione: la tradizione si fa golosa...

DOC Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà

Zona di produzione costiera che comprende i Comuni di La Spezia Riomaggiore Vernazza e Monterosso al Mare. Vino bianco che si ottiene da vitigni Bosco (almeno il 40%) Albarola, Vermentino (da soli o separatamente fino ad un max. del 40%) e altri vitigni liguri a bacca bianca (fino ad un max. del 20%). Vino sapido che ben si adatta ai piatti di pesce della cucina ligure.
Recentemente sono state riconosciute tre sottozone produttive: Costa de Sera, Costa de Campu e Costa da Posa. La resa massima dei vigenti è di 90 q.li/ha che scende a 85 qli/ha nelle tre sottozone. La resa uva - vino massima è del 70%. La produzione più tipica e conosciuta della Zona è il vino passito Cinque Terre Sciacchetrà ottenuto con le stesso uvaggio del Bianco secco ma vinificando le uve previo appassimento post-raccolta su graticci in luoghi ombreggiati e ventilati senza ricorrere a ventilazioni o riscaldamenti forzati. La vinificazione delle uve appassite per la produzione dello Sciacchetrà non può avvenire prima del 1° Novembre successivo alla vendemmia. Prima della commercializzazione è obbligatorio un anno di invecchiamento. Tale periodo sale a tre anni per la tipologia Riserva.La resa in vino massima è del 35%.

DOC Colli di Luni 

Zona di produzione collinare che interessa due province e due regioni (Liguria e Toscana) i Comuni ricadenti in provincia di La Spezia sono: Ortonovo, Castelnuovo Magra, Santo Stefano Magra, Bolano, Calice al Cornoviglio, Beverino, Riccò del Golfo, Follo, La Spezia, Vezzano Ligure, Arcola, Lerici e Ameglia con esclusione delle zone pianeggianti alluvionali della vallata del Magra.
Tre tipologie di vino:Colli di Luni Vermentino si ottiene da vitigno Vermentino ( in purezza o con un minimo del 90%); Colli di Luni Bianco si ottiene da vitigni Vermentino (almeno il 35%) Trebbiano Toscano (dal 25% al 40%) ed altri vitigni liguri a bacca bianca (fino ad un max. del 30%); Colli di Luni Rosso si ottiene da vitigni Sangiovese (dal 60% al 70%), Canaiolo, Pollera, Ciliegiolo da soli o separatamente per almeno il 15%) e altri vitigni liguri a bacca rossa (fino ad un max. del 25%).La resa massima dei vigneti è di 100 q.li/ha. La resa uva - vino massima è del 70%.

DOC Colline di Levanto

Zona di produzione costiera che interessa i comuni di Levanto, Bonassola, Framura e Deiva Marina . Colline di Levanto bianco che si ottiene da vitigni Vermentino (almeno il 40%), Albarola (almeno il 20%), Bosco (almeno il 5%) Vermentino e altri vitigni liguri a bacca bianca (fino ad un max. del 35%). Vino sapido che ben si adatta ai piatti di pesce della cucina ligure. Colline di Levanto rosso che si ottiene da vitigni Sangiovese (almeno il 40%), Ciliegiolo (almeno il 20%) e altri vitigni liguri a bacca rossa (dal 20% al 40%). La resa massima dei vigneti è di 90 q.li/ha. La resa uva - vino massima è del 70%.

IGT Liguria di Levante

Zona di produzione comprendente l'intero territorio della provincia spezzina ad eccezione dei terreni sopra i 500 metri s.l.m. Possono concorrere ai vini IGT Liguria di Levante uno o più vitigni raccomandati e/o autorizzati per la provincia di La Spezia Varie tipologie di vino: oltre al bianco e al rosso il rosato e il passito. La resa massima dei vigneti è di 110 q.li/ha. La resa massima uva - vino è del 80%.

Le aziende vitivinicole in Liguria sono complessivamente 3976, secondo il censimento generale dell'agricoltura del 2010 (1229 Imperia, 818 Savona, 530 Genova, 1399 Spezia). Di queste però circa 1800 quelle realmente sul mercato con le loro etichette, anche se, nella stragrande maggioranza, sempre appartenenti a piccoli produttori.

La superficie vitata regionale è di 1515 ettari, di cui 804 a Do (Denominazione di origine), 65 quella dove si producono vini con l’indicazione geografica Ig e 646 ettari la superficie di vigneti dove si produce vino senza particolari certificazioni. In Liguria la produzione complessiva di vino è di oltre cento mila ettolitri, pari a circa 4 milioni e mezzo di bottiglie.
La produzione di uva e vino in Liguria per la campagna 2013/2014 è stimata in 149.300 quintali di uva e 104.510 ettolitri di vino.

Il "sistema qualità" della vitivinicoltura ligure si esprime in 8 Denominazioni di Origine. Sono: Ormeasco di Pornassio, Rossese di Dolceacqua, Riviera Ligure di Ponente, Val Polcevera, Golfo del Tigullio-Portofino, Colline di Levanto, Cinque Terre, Colli di Luni e in 4 Indicazioni Geografiche: Liguria di Levante, Colline del Genovesato, Colline Savonesi, Terrazze dell’Imperiese.

Tra le uve a bacca bianca il vitigno più diffuso in tutte le quattro province liguri è il Vermentino, seguito dal Pigato e Lumassina per la provincia di Savona, il Bosco e l’Albarola per La Spezia, la Bianchetta e il Moscato per Genova. Tra le uve a bacca nera il Rossese di Dolceacqua, l’Ormeasco, la Granaccia e il Ciliegiolo sono tra i vitigni più rappresentativi. Tra i vini passiti da segnalare il celebre Schiacchetrà delle Cinque Terre.

A questi vitigni “tradizionali” si aggiungono quelli frutto della valorizzazione del patrimonio varietale autoctono ligure curata dall’assessorato all’agricoltura regionale che ha permesso un recupero capillare su tutto il territorio di numerose varietà autoctone minori a bacca bianca e rossa di particolare valore enologico fra cui Ruzzese, Moscatello di Taggia, Barbarossa, Massaretta, Bruciapagliaio, Picabon, Fratepelato, Vermentino nero.

Per sapere tutto sui vitigni di Liguria viticoltori e tecnici della viticoltura hanno a disposizione la guida "Le varietà di vite liguri - Schede ampelografiche" realizzata dalla Regione Liguria in collaborazione con il Centro regionale di agrometeorologia applicata di Sarzana.
Il libro aiuta a riscoprire, oltre a vitigni "classici" come il Vermentino, il Pigato, il Rossese, anche nuovi vitigni ritrovati al termine di un lungo lavoro di recupero, fra i quali il Ruzzese e lo Scimiscià.

In provincia di Savona sono riconosciute le denominazioni DOC "Riviera Ligure di Ponente" e IGT "Colline Savonesi".

Il Pigato e il Vermentino sono vini bianchi secchi, di colore giallo paglierino, adatti ad accompagnare una vasta gamma di portate. Il Rossese è un vino secco di colore rosso rubino più o meno intenso. I vini Pigato, Vermentino, Rossese della denominazione di origine controllata "Riviera Ligure di Ponente", possono essere designati con una delle seguenti sottodenominazioni geografiche: "Albenga" o "Albenganese" e "Finale" o "Finalese" se esclusivamente ottenuti da uve prodotte nelle rispettive zone delimitate.

La indicazione geografica tipica "Colline Savonesi" è riservata ai seguenti vini:

  • Alicante (localmente denominato Granaccia)
  • Lumassina (localmente denominato Buzzetto o Mataosso)
  • Bianco, anche nelle tipologie frizzante e passito
  • Rosso, anche nella tipologia novello
  • Rosato

Bianchetta genovese

Vitigno autoctono ligure conosciuto anche come "Gianchetta" o "Giunchetta". La sua coltivazione inizia nella Valpolcevera e si estende nella riviera di Levante fino a Sestri Levante. Spesso viene confusa con il vitigno Albarola.
Foglia pentagonale, quinquelobata, di media grandezza.
Grappolo medio, compatto e di forma allungata cilindrico conica, semplice o con un'ala piuttosto ridotta.
Acino di media grandezza e forma sferoidale.
Buccia pruinosa di colore giallastro;
Polpa piuttosto molle.

Bosco

il nome prende origine, secondo alcuni, dal fatto che è stato importato nelle Cinque Terre attraverso tralci prelevati nel bosco della villa dei marchesi Durazzo a Genova; da ciò il nome di "uva bosco".
Foglia di forma pentagonale nettamente quinquelobata. Picciolo verde con striature rosse.
Grappolo medio grande, cilindrico, piuttosto spargolo e composto. Acino di dimensioni medio grandi, di forma sferoidale tendente all'ellissoide.
Buccia pruinosa di colore paglierino tendente al dorato ambrato a maturazione avanzata.

Albarola

Vitigno ligure d'antica diffusione la cui area tradizionale è nelle Cinque Terre e nella provincia di La Spezia. Alcuni autori hanno segnalato una sinonimia tra questo vitigno e la Bianchetta Genovese che indagini comparative condotte negli ultimi anni hanno confermato.
Foglia di media grandezza, più larga che lunga, di forma rotonda ed in parte pentagonale, prevalentemente intera ed a volte trilobata.
Grappolo di media grandezza, compatto, di forma allungata cilindrico conica talvolta provvisto di una corta ala.
Acino medio di forma sferoidale tendente all'ellissoide.
Buccia pruinosa di colore verde giallastro di medio spessore.

Moscato

Varietà antica coltivata in tutto il bacino del Mediterraneo da moltissimi secoli, vanta una distribuzione geografica che copre quasi tutta la penisola. Il nome sembra derivi da "muscum", muschio, per il suo forte aroma caratteristico che i francesi definiscono musquè. Molto probabilmente il moscato bianco corrisponde alle uve che i greci chiamavano anathelicon moschaton ed i romani uva apiana.
Foglia pentagonale di grandezza media, tri e quinquelobata. Portamento della vegetazione espanso.
Grappolo medio, cilindrico conico provvisto di una o più raramente due corte ali.
Acino di forma sferoidale e buccia pruinosa di colore giallo dorato che diventa ambrato nella parte esposta al sole con caratteristiche maculature brunastre.
Polpa consistente dal sapore aromatico.

Rollo

Vitigno tradizionale ligure, la sua coltivazione plurisecolare lo fa entrare di diritto nei vitigni indigeni anche se la sua origine risulta incerta: autoctono genovese o importato dalla vicina Francia. Certamente appartiene alla famiglia varietale che comprende i vitigni Favorita, Pigato e Vermentino.
Foglia nettamente pentagonale di dimensione medio grande, quinquelobata.
Grappolo grande, compatto, tozzo, di forma conico piramidale. Acino sferoidale un po' allungato.
Buccia pruinosa di colore verde giallastro, piuttosto spessa.

Vermentino

Tutte le notizie fanno presumere una sua origine spagnola anche se non vi sono certezze sull'origine di questo vitigno. Intorno al 1300 è stato introdotto in Corsica e tra il 14 ed il 18 secolo è arrivato in Liguria.
Foglia medio grande, pentagonale e quinquelobata.
Grappolo di grandezza media o medio-grande per lo più cilindrico, mediamente spargolo.
Acino medio-grande di forma regolare, sferoidale con buccia pruinosa di colore giallo verdastro.

Ciliegiolo

Le origini di questo vitigno sono incerte. Sembra che la sua introduzione in Italia risalga al 1870 circa, portato dai pellegrini di ritorno dal Santuario di San Giacomo di Compostella in Spagna. Foglia di forma pentagonale media o grande, trilobata o quinquelobata; portamento espanso della vegetazione.
Grappolo grosso, d'aspetto semi compatto o compatto, allungato, piramidale con una o più spesso due ali.
Acino medio grande, arrotondato.
Buccia molto pruinosa e polpa succosa.

Dolcetto

Le prime notizie della sua coltivazione risalgono alla fine del 1700 ed indicano la sua provenienza dalla zona del Monferrato, da cui si è poi diffuso in Liguria. Il nome deriva dalla caratteristica dolcezza della bacca. Foglia di media grandezza, pentagonale, un po' più larga che lunga, per lo più quinquelobata.
Grappolo medio grande, abbastanza spargolo, piramidale piuttosto lungo, alato con una o due ali.
Acini di forma arrotondata e di diversa dimensione nello stesso grappolo.
Buccia molto pruinosa e sottile, polpa succosa e di sapore dolce.

La viticoltura di qualità ad Imperia è rappresentata da 600 aziende per una superficie di 240 ettari. Il territorio impervio, i terrazzamenti, la forte insolazione e la carenza di piogge, specialmente all'estremo ponente, rappresentano le note distintive della viticoltura in provincia di Imperia.
Il "Rossese di Dolceacqua" e l'" Ormeasco di Pornassio" sono le DOC che più caratterizzano il patrimonio viticolo imperiese.

DOC Rossese di Dolceacqua

Costituito in vinificazione, dal vitigno Rossese in purezza al 90%. Coltivato all'estremo della provincia (Dolceacqua e comuni limitrofi) affonda la sua presenza sul territorio in antiche origini, già il Gallesio ricorda un uva nera chiamata "Rossese di Dolceacqua". A Napoleone Buonaparte, nel castello dei Doria, fu offerto il vino locale "rossese" e tanto lo apprezzò che ordinò una spedizione di barili alla sede Imperiale a Parigi.

DOC Riviera Ligure di Ponente Rossese

Da non confondere con la DOC Rossese di Dolceacqua, se ne distingue per le zone di coltivazione e per provenienza. A partire dai primi dell'800 tra i diversi tipi di "Rossese" descritti dagli autori (Dalmasso) è da citare un "Rossese" a bacca colorata diffuso prevalentemente nel Savonese (Campochiesa). Tali vitigni sono coltivati variamente nel territorio provinciale sia nell'entroterra (Ranzo, Airole, Caravonica) che sulla costa (Dianese, Imperiese). Ormeasco di Pornassio

DOC Ormeasco di Pornassio

Storicamente l'insediamento dell'Ormeasco è attribuito ai marchesi Clavesana (secolo XIV) nella località Ormea (ai confini con la Valle Arroscia) da cui prende il nome e da dove si sarebbe espanso in Piemonte con il sinonimo di "Dolcetto". Secondo altri, invece, è proveniente dal Piemonte e si sarebbe diversificato nel tempo come clone dello stesso "Dolcetto" espandendosi in Liguria. Oggi presente in tutta la Valle Arroscia e parzialmente in Valle Argentina, si è ben adattato sino ad esprimersi pregevolmente nelle vigne soprattutto della fascia sub-alpina (400-800 s.l.m.).

DOC Vermentino

Trae provenienza, presumibilmente, dalla Spagna e poi dalla Corsica (secolo XII). Sotto il dominio Genovese (secondo Levadoux) si espanse in tutta la Liguria. I bollettini a cura del Ministero Agricoltura (anno 1896) lo attribuiscono ad areali vitati come quelli di Diano Castello e Porto Maurizio.

DOC Pigato

Dal dialetto pigau o dal latino picatus (macchiato) per la caratteristica macchiettatura rugginosa epidermica sull'acino, confuso forse in precedenza con il rassomigliante Vermentino, del Pigato si trova traccia, anche qui, nel bollettino "Ampelografico" (citato dell'anno 1883 come "pigà"). Riferito originariamente nella zona delle alture di Ceriale e Campochiesa (SV), pare abbia sostituito nel tempo il vitigno Vermentino, più soggetto a marciumi del grappolo. Si è esteso poi, in tempi abbastanza recenti, nelle zone limitrofe ed in particolare nell'Albenganese e poi ad Ortovero; nella provincia di Imperia nella bassa Valle Arroscia ove trova predilezione nel comune di Ranzo e in seguito in tutto l'imperiese sino ai confini con la Francia.

La relazione tra uomo e api affonda le sue radici nell'antichissimo passato.

Il miele infatti ha rappresentato per millenni l'unico alimento zuccherino concentrato disponibile.

Già dodicimila anni fa gli uomini primitivi saccheggiavano gli alveari selvatici per trafugare miele e cera. Questi piccoli insetti erano considerati in Grecia veri maestri di geometria per la perfezione delle loro celle esagonali, tutte rigorosamente inclinate lungo lo stesso asse geometrico. Gli egizi credevano ad un'origine divina: le lacrime del dio Ra, il Sole, prima di toccare il suolo si trasformarono in api.

Per far fermare uno sciame in volo e appropriarsene si usavano svariati mezzi come ad esempio battere uno strumento metallico. Questa credenza deriva in realtà da una antica legge romana che attribuiva lo sciame a chi lo avesse subito segnalato battendo su una pentola.

Nel corso del tempo l'apicoltura è divenuta più razionale: le api selvatiche venivano allevate in tronchi cavi (bugni villici), ma per l'estrazione del miele si ricorreva all'apicidio, cioè alla distruzione dell'intera famiglia. Solo nell'ultimo secolo l'uomo ha imparato a costruire le arnie a telai mobili e ad allevare le api domestiche, nel rispetto della loro vita.

L'apicoltore modella il suo lavoro sui comportamenti istintivi dei suoi insetti. La sua attività principale consiste nell'indurre le api ad accumulare più scorte di quelle che effettivamente servirebbero, per poter poi asportare la maggior parte della produzione.

Per favorire la produzione di miele gli alveari possono venire trasportati sul luogo delle fioriture più importanti (nomadismo).

L'ape domestica più allevata è la mellifera ligustica, originaria della nostra regione e usata in tutto il mondo per la sua laboriosità, docilità e il forte senso della famiglia.

Per recuperare i telai delle arnie ricolmi è necessario innanzitutto allontanare e calmare le api. La tecnica più accreditata è quella antica dell'affumicamento: il fumo infatti ammansisce le api poichè lo spavento le porta ad ingoiare miele e ciò le ostacola nell'estrazione del pungiglione.

Per passare dall'alveare alla tavola il miele richiede pochi passaggi:

  • disopercolatura elimina lo strato di cera che chiude le cellette contenenti il miele
  • estrazione vera e propria, condotta con smelatori centrifughi
  • purificazione che può avvenire per filtrazione o per decantazione

Al termine di queste operazioni il miele può già essere invasettato.

Per ottenere un prodotto cristallizzato in maniera fine ed omogenea (miele cremoso) si usa la tecnica della cristallizzazione guidata che, pur migliorando le caratteristiche fisiche ed estetiche del miele, non ne altera la sostanza.

Trattamenti termici possono essere utilizzati per fluidificare i mieli già cristallizzati o per allungare il tempo di vita del prodotto allo stato liquido ma hanno effetto negativo sul prodotto in termini di perdita di aroma e qualità strutturali.

I prodotti principali dell'apicoltura, oltre il miele, sono: la cera, la pappa reale, la propoli e il polline.

Questo particolare tipo di turismo è disciplinato a livello nazionale dal D.M. n. 293/1999 del 13 aprile, e a livello locale, con la L.R. n. 37/2007 del 21 novembre che regolamenta le attività di agriturismo, pescaturismo e ittiturismo. Quest'ultimo si differenzia dal pescaturismo perché prevede anche il soggiorno nelle case dei pescatori.

Per lo svolgimento del pescaturismo si devono rispettare precise norme che regolano questa attività. Le imbarcazioni possono essere autorizzate all'uso di tutti i tradizionali mezzi di pesca, escludendo i sistemi da traino e a circuizione (in caso di presenza di queste attrezzature il pescatore dovrà astenersi dal loro utilizzo). I natanti non possono spingersi oltre le tre miglia dalla costa rimanendo all'interno delle acque del compartimento marittimo di appartenenza, i passeggeri devono essere sbarcati al porto di partenza.
Il pescaturismo può essere svolto durante tutto l'anno, anche nei giorni festivi, con il solo accorgimento di possedere a bordo sistemazioni, anche non fisse, per il ricovero al coperto degli escursionisti nel periodo che va dal 1 novembre al 30 aprile.
Altre regole riguardano il numero massimo di turisti che possono essere ammessi a bordo, gli standard di sicurezza (dotazione di cinture di salvataggio, salvagente anulare, zattere per le imbarcazioni più grandi e di materiale sanitario), il limite di età minimo per i passeggeri (non possono infatti salire a bordo persone di età inferiore ai quattordici anni). Le condizioni meteomarine devono essere favorevoli, ossia mare non superiore a forza due.

Sono autorizzate le attività di pescaturismo nelle ore notturne (anche per le imbarcazioni prive di alloggio a bordo) per consentire la partecipazione a quei particolari tipi di pesca che si svolgono tradizionalmente dal tramonto all'alba, come ad esempio la pesca al totano con la luce ad acetilene o quella del calamaro, pagello, occhiata, boga, con le lenze.

Per ulteriori informazioni sulla normativa vigente puoi consultare il sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Per approfondimenti puoi visitare il sito di AGCI pesca.

Nell'ambito delle politiche di promozione del settore impostate con il Programma Forestale Regionale, Regione Liguria persegue fortemente un obiettivo di qualificazione e valorizzazione delle Imprese forestali e degli Operatori forestali in possesso di comprovate conoscenze e competenze professionali per la realizzazione di attività pratiche in campo forestale e ambientale. 

A tal fine la Regione Liguria ha attivato un proprio Albo sperimentale delle Imprese forestali, con adesione volontaria e gratuita, e istituito un Elenco degli operatori forestali.

L'Albo, che è stato avviato nell'ambito delle attività del progetto Alcotra Informa Plus, si inserisce nella dimensione transfrontaliera perseguita dai progetti di cooperazione, ed è quindi consultabile come sezione della Liguria nell'applicativo Albo Transfrontaliero delle Imprese Forestali (in acronimo TAIF).

Sia l'Albo sperimentale delle imprese forestali che l'Elenco degli operatori forestali sono previsti dal decreto dirigenziale  n.1041 del 4 marzo 2019, dove sono chiarite finalità, requisiti di accesso e procedure per l'iscrizione.

L'istituzione degli Albi regionali delle imprese forestali, prevista dal decreto legislativo n.34 del 3 aprile 2018 - Testo unico foreste è stata definita nei criteri minimi di adesione dal decreto ministeriale n.4470 del 29 aprile 2020 - Definizione dei criteri nazionali per iscrizione agli albi regionali delle imprese forestali.

Con decreto dirigenziale n.5150/2022 Regione Liguria ha aggiornato il regolamento dell'Albo sperimentale delle imprese forestali recependo le indicazioni del decreto ministeriale n.4470/2020 sui criteri minimi nazionali anche al fine di consentire alle imprese che si iscrivono all'Albo regionale l'esonero dall'obbligo di iscrizione al Registro Imprese Legno (RIL) istituito in attuazione del Regolamento (UE) n.995/2010.

Allo stesso indirizzo, sempre suddiviso in sezioni regionali, è disponibile anche l'Elenco degli operatori forestali, che raccoglie i nominativi delle persone che hanno fruito di corsi di formazione nel settore forestale e che hanno rilasciato esplicito consenso alla diffusione di tali informazioni al pubblico.

In entrambi i casi si tratta di una importante banca dati, che promuove i soggetti che possono attestare una comprovata qualificazione nel lavoro forestale, siano essi persone giuridiche (Albo Imprese) che persone fisiche (Elenco operatori).

Nei documenti scaricabili è disponibile il decreto dirigenziale n.5150/2022 che reca il nuovo regolamento per l'iscrizione all'Albo sperimentale delle imprese forestali.

Per maggiori informazioni sull'Albo o per una assistenza nella compilazione della domanda è possibile scrivere a impreseforestali@regione.liguria.it o contattare Luigi Spandonari al numero 010.5484397 oppure Damiano Penco al numero 010.5485072.

 

Link utili
Iscrizione all'Albo sperimentale delle imprese forestali

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