Nell'Unione Europea la produzione e la classificazione dei vini sono disciplinate da appositi regolamenti comunitari e dalle relative norme nazionali applicative. Nel corso degli ultimi anni la legislazione si è aggiornata con l'emanazione della nuova OCM "Vino": il riferimento principale è il Regolamento Ce n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli.

La nuova regolamentazione è in vigore dal 1º agosto 2009. La vecchia normativa prevedeva la distinzione dei vini in due grandi categorie: Vini da tavola e Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VQPRD). Ora, la macro distinzione concettuale è tra Vino a Origine Geografica e Vino senza Origine Geografica: i primi (DOP e IGP) sono quelli che possiedono un legame territoriale e un disciplinare i secondi non hanno né legame territoriale né disciplinare di produzione (in sostanza, sono quelli precedentemente definiti "vini da tavola"). Un'altra rilevante novità è che i controlli, come per tutti gli altri prodotti DOP e IGP, non sono più affidati ai Consorzi di Tutela ma agli Enti di Certificazione accreditati. In pratica, l'ottenimento e mantenimento delle DOCG, DOC e IGT sono a tutti gli effetti certificazione di prodotto obbligatoria (ovviamente per chi vi aderisce, potendo comunque produrre vino generico e quindi svincolarsi dai disciplinari e dalle leggi sui vini a denominazione/indicazione). Chiaramente, anche le regolamentazione per la designazione e l'etichettatura è stata aggiornata (Reg. Ce 607/2009).

La suddivisione ufficiale (Reg. Ce n. 1234/2007) ora distingue (in ordine crescente di specificità):

  • Vino (ex "da tavola");
  • Vino Varietale;
  • Vino a Indicazione Geografica Protetta IGP;
  • Vino a Denominazione di Origine Protetta DOP;
  • Vino a Denominazione di Origine Protetta DOP con indicazione della sottozona o della menzione geografica aggiuntiva.

Sino alla pubblicazione del D.LGS. 8 aprile 2010, n. 61 (ovvero dall'11 maggio 2010) la legislazione italiana in materia di vino era retta dalla storica Legge n°164 del 10/2/1992, "Nuova disciplina delle denominazioni di origine". Era questa la norma che istituì i vini da tavola, i VQPRD, etc. Il D.LGS. 61 (Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell'articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88) ha abolito la vecchia L. 164 e ha recepito la nuova OCM "Vino" della UE (Regolamento Ce n. 479/2008)[1]. Pertanto, le vecchie tipologie "vino da tavola", VQPRD, VSQPRD ed altre sono state eliminate (naturalmente, si potranno ancora trovare etichette, precedenti alla revisione normativa, con questi termini). Anche le nuove normative europee sulla designazione ed etichettatura dei vini sono state recepite. Anche se può sembrare riduttivo o "semplicistico" bisogna ora abituarsi a chiamare la categoria base della "piramide" unicamente "vino" senza aggiungere altre qualifiche (da tavola, etc.) in quanto la legge le ha abolite.

In Liguria complessivamente ci sono 2358 ettari di vigneti; di questi 888 ettari sono vigneti di qualità coltivati da 1900 aziende specializzate che producono complessivamente un potenziale produttivo in vino di circa 63000 ettolitri.

Igt: indicazione geografica tipica

Riconoscimento di qualità attribuito ai vini da tavola caratterizzati da aree di produzione generalmente ampie e con disciplinare produttivo poco restrittivo. L'indicazione può essere accompagnata da altre menzioni, come quella del vitigno.
Sono vini IGT:

  • Colline Savonesi
  • Liguria di Levante
  • Colline del Genovesato
  • Terrazze dell'Imperiese

Doc: denominazione di origine controllata

Il marchio DOC viene attribuito ai vini prodotti in zone delimitate, di solito di piccole e medie dimensioni, con indicazione del loro nome geografico. Di norma il nome del vitigno segue quello della doc e la disciplina di produzione è piuttosto rigida (Legge 164/92).
Sono vini DOC :

Docg: denominazione di origine controllata e garantita

Viene attribuito ai vini doc di particolare pregio qualitativo e di notorietà nazionale e internazionale. Questi vini vengono sottoposti a controlli più severi, debbono essere commercializzati in recipienti di capacità inferiore a cinque litri e portano un contrassegno dello Stato che dà la garanzia dell'origine, della qualità e che consente di numerare le bottiglie.

Dop: denominazione d'origine protetta

Il marchio DOP viene assegnato a prodotti agricoli e ad alimenti le cui caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono prodotti.

Sono prodotti DOP:

  • Olio extravergine di oliva "Riviera Ligure" (Reg CEE 123/97). Caratteristiche :
    • tre menzioni geografiche: "Riviera dei Fiori" "Riviera del Ponente Savonese" "Riviera di Levante"
    • prima dop in Italia riconosciuta con estensione territoriale regionale
    • prima dop in Italia con adozione di un sistema di controllo pubblico
  • Basilico genovese. Caratteristiche:
    • varietà con qualità aromatiche uniche
    • adozione di un sistema di controllo pubblico

Igp: indicazione geografica protetta

Il marchio IGP viene attribuito a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica dipende dall'origine geografica, e almeno una fase del processo produttivo (produzione, trasformazione, elaborazione) avviene in quella particolare area.
Tutte le fasi comunque devono seguire le regole del disciplinare di produzione (Reg. CEE 2081/92).

Sono prodotti IGP:

Stg: Specialità tradizionale garantita

Detto anche Attestazione di specificità (As), è il riconoscimento del carattere di specificità di un prodotto agro-alimentare, che, per caratteristiche qualitative e di tradizionalità, si distingue nettamente da altri prodotti simili. Ci si riferisce, quindi, a prodotti ottenuti secondo un metodo di produzione tipico tradizionale di una particolare zona geografica.

La pesca nel Mar Mediterraneo, dal punto di vista delle regioni periferiche marittime, ha un valore culturale, economico e sociale importantissimo. Di fatto, molte comunità costiere hanno vissuto, vivono e vogliono continuare a vivere del mare, in un contesto di pesca responsabile, rispettosa e in equilibrio con l'ambiente dal quale attingono la propria fonte di sostentamento.

La pesca mediterranea, in generale, è costituita da una flotta artigianale, nella quale spesso l'armatore è anche il capitano e l'equipaggio è formato da persone con vincoli familiari. Queste imbarcazioni salpano e rientrano in porto ogni giorno, dispongono di un sistema di vendita per la maggior parte dei casi collaudato e relazionato con le proprie comunità, attraverso i mercati del pesce o direttamente integrato nel mondo della ristorazione e del turismo. Caratteristica di questa tipologia di pesca è quindi la presenza di sistemi locali consolidati rappresentati da piccole comunità di pescatori, dove si registra grande professionalità derivante da cultura, tradizione ed esperienza tramandata per generazioni.

Da un punto di vista delle modalità di cattura, la pesca mediterranea si caratterizza per la sua multi-specificità, cioè si rivolge alla cattura di un numero elevato di specie, ed è una pesca selettiva grazie all'impiego di molteplici attrezzi, contrariamente a quanto avviene per la pesca del Nord Europa, prevalentemente mono-specifica, concentrata cioè sul prelievo massivo di singole specie. La specificità del Mediterraneo per lungo tempo non ha trovato un'adeguata rappresentatività nella politica europea della pesca. Solo recentemente è stato emanato un regolamento relativo alla pesca del Mediterraneo (Regolamento (CE) n.1967/2006).
Il regolamento è fortemente incentrato sulla protezione delle risorse, vietando la pesca di alcune specie ed aumentando la selettività di alcuni attrezzi, e sulla necessità di avviare programmi di gestione della pesca in grado di mantenere l'ambiente marino in equilibrio.

Scavare a mano i solchi, concimare, combattere la ruggine, raccogliere le piante e legarle per confezionare le caratteristiche trecce, sono gli ingredienti che rendono l'aglio bianco di Vessalico un prodotto ottimo e naturale.

La Cooperativa "A Resta" è nata nel 2000 per volontà di un gruppo di giovani agricoltori della Valle Arroscia che vogliono portare avanti la coltivazione dell'aglio seguendo le tecniche tradizionali.

L'obiettivo principale della Cooperativa è quello di recuperare e mantenere in vita questa coltivazione e quella di altre colture locali come quella dell'olivo, della castagna, del nocciolo e degli ortaggi.

La coltivazione dell'aglio di Vessalico sopravvive in zone isolate e poco valorizzate turisticamente ed è importante per l'economia della zona sostenere e ottimizzare la sua produzione.
I metodi di coltivazione tramandati per secoli da una generazione all'altra non devono andare persi anche se può essere utile integrarli con le nuove tecniche dell'agricoltura biologica per ottenere un prodotto con la qualità di sempre, ma in grado di rispondere alle esigenze del mercato.

Grazie al sostegno della Regione Liguria, in collaborazione con la Comunità Montana Alta Valle Arroscia, è stato creato il Presidio Slow Food dell'aglio di Vessalico che ha riunito una trentina di piccoli produttori e ha realizzato un marchio che lo distingue.
I presìdi sono progetti di Slow Food nati per salvaguardare e valorizzare prodotti eccellenti che rischiano l'estinzione.

Per avere maggiori informazioni sull'aglio di Vessalico puoi visitare la pagina dedicata all'aglio di vessalico.

Il pesto è il prodotto ligure per eccellenza ed è sicuramente il simbolo della Liguria più diffuso nel mondo. Per tutelare la sua produzione il 27 gennaio del 2003 a Genova è stato costituito il Consorzio del pesto genovese. La ricetta a cui si attengono i soci è quella tradizionale che vuole sette ingredienti.

La prima ricetta scritta del pesto che ci è giunta risale alla metà del 1800 e da allora non è cambiata. Mortaio in marmo e pestello in legno rimangono gli attrezzi indispensabili e la tradizione vuole che gli ingredienti siano sempre il basilico, l'aglio, l'olio extravergine di oliva, il parmigiano, il pecorino sardo, i pinoli e pizzico di sale grosso.

Per preparare il pesto occorre innanzitutto lavare in acqua fredda quattro mazzi di basilico, naturalmente genovese, e metterli ad asciugare su un canovaccio. Nel frattempo nel mortaio si deve pestare uno spicchio d'aglio ogni trenta foglie di basilico.
L'aglio deve essere dolce, il suo gusto si deve sentire nel sottofondo senza prevalere.
Dopo aver aggiunto qualche grano di sale grosso è il momento delle preziose foglioline di basilico.
Gli oli essenziali del basilico sono conservati nelle vescicole delle sue foglie e, per ottenere il gusto migliore, queste non vanno pestate gravemente ma è necessario ruotare leggermente il pestello in modo da stracciare, non tranciare, le profumate foglioline.

Il suono del pestello di legno contro i bordi del mortaio accompagna il nostro lavoro. Quando il basilico rilascia il suo caratteristico liquido verde brillante è il momento di aggiungere una manciata di pinoli che ammorbidiscono e amalgamano la salsa.

A questo punto non dobbiamo dimenticare i due formaggi: il parmigiano reggiano e il pecorino sardo entrambi DOP, da utilizzare adeguatamente stagionati.

Infine va versato a goccia l'olio extravergine d'oliva, naturalmente italiano, dal sapore non particolarmente aggressivo e non particolarmente intenso, per sposare tutti gli ingredienti senza sopraffarli.

La lavorazione del pesto deve avvenire a temperatura ambiente e deve terminare nel minor tempo possibile per evitare problemi di ossidazione.
Quando il pesto è pronto può essere utilizzato per condire la pasta tipica ligure come le troffie, le trofiette, le trenette avvantaggiae, i mandilli de saea e può essere aggiunto per dare gusto al minestrone di verdure.

 

 

 

Molti prodotti tipici che la Liguria può vantare sono diventati i veri e propri simboli dell'enogastronomia ligure nel mondo.

La tutela e la promozione dei prodotti tipici della nostra regione è importante sia per l'economia locale sia perché queste produzioni rappresentano una parte della storia dei liguri.
Il Consorzio del pesto genovese, il Consorzio dell'olio extravergine d'oliva e la Cooperativa "A resta" per l'aglio di Vessalico sono associazioni nate proprio con lo scopo di mantenere in vita la tecniche tradizionali di produzione di queste specialità liguri, per non perdere cioé le peculiarità che li rendono inimitabili.

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