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La Giunta Regionale ha approvato le linee guida per la riconversione delle aziende che abbandonano totalmente e definitivamente la produzione di latte bovino, cedendo le proprie quote allo Stato.
Programma di abbandono totale e definitivo della produzione di latte vaccino:
la legge 119/2003 prevede (art.10, comma 20) l'attuazione di un programma di abbandono totale e definitivo della produzione di latte. I criteri attuativi del programma sono stati stabiliti con Decreto Ministeriale 26/02/2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.72 del 26/03/2004. Per aderire al programma di abbandono si deve presentare apposita istanza alla Regione tramite gli uffici territoriali entro il 24 luglio 2004, utilizzando il modulo allegato.
Aiuti alla riconversione delle aziende che hanno abbandonato la produzione di latte vaccino:
la legge definisce inoltre (art.10, comma 21) un apposito regime di aiuti per favorire la riconversione delle aziende zootecniche oggetto di piani di abbandono. I criteri attuativi del regime di aiuti alla riconversione sono stati stabiliti con Decreto Ministeriale 26/02/2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.73 del 27/03/2004.
La Giunta Regionale ha approvato le "procedure di attuazione regionale del regime di aiuti all'abbandono e alla riconversione delle aziende zootecniche da latte", in applicazione del citato D.M. e nel rispetto del Piano di Sviluppo Rurale 2002-2006.
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Cosa si intende per qualità? Quando portiamo sulla nostra tavola un prodotto non basta che questo rispetti le norme igienico-sanitarie. Questa è la sicurezza che però non esaurisce le esigenze di qualità del consumatore.
La qualità è la risultante di diversi fattori: innanzitutto le caratteristiche organolettiche cioè le componenti sensoriali di un prodotto (odore, sapore, consistenza) fortemente legate al territorio di produzione. Altre caratteristiche sono quelle nutrizionali, tecnologiche (facilità d'uso, tipo di confezionamento), culturali, di tutela ambientale e comportamenti etici della filiera produttiva.
I marchi proteggono la qualità
L'obiettivo più importante delle certificazioni di qualità è proprio quello di garantire al consumatore che l'alimento che sta acquistando è stato fatto secondo standard qualitativi di un certo tipo.
Per assicurare questo, e insieme salvaguardare le produzioni, il territorio e le tradizioni rurali, le singole nazioni prima e l'Unione Europea poi hanno emanato leggi e regolamenti di riferimento. La certificazione di qualità istituzionale avviene attraverso l'uso di marchi collettivi. Tali marchi garantiscono composizione, caratteristiche e requisiti dei prodotti, accomunando tutte le aziende che si attengono agli appositi disciplinari di produzione e che si sottopongono a rigorose verifiche.
L'identità e la tipicità territoriali sono caratteristiche qualitative tutelate anche da marchi di associazioni private, come accade per i presìdi di Slow Food.
I prodotti certificati
I prodotti agricoli e agroindustriali che possiedono caratteristiche uniche di immagine, tradizione, tecnologia e cultura, propri di uno specifico territorio o lavorati con particolari tecniche di realizzazione sono definiti prodotti tipici.
Gli alimenti tipici soggetti a certificazioni di qualità sono:
- i prodotti DOP, IGP, STG (marchi europei)
- i vini IGT, DOC e DOCG (marchi nazionali)
- i prodotti tradizionali agro-alimentari
- i prodotti meritevoli di riconoscimento comunitario per la cui realizzazione si usano materie prime di particolare pregio o tecniche di coltivazione ecocompatibili, come i prodotti biologici
Gli organismi di controllo
I produttori che aderiscono a un marchio di qualità e al relativo disciplinare di produzione, devono sottostare ai controlli eseguiti da organismi terzi, che possono essere pubblici (come le Camere di commercio) o privati. L'ente di certificazione garantisce l'aderenza ai principi del marchio con obiettività e imparzialità.
Per approfondire
Puoi avere ulteriori informazioni su questi argomenti visitando il sito del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e il portale dell'Unione Europea.
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Il basilico è una delle colture più tipiche della Liguria, il simbolo di un'agricoltura sospesa sul mare e di una cucina dai sapori antichi. Il basilico è stato introdotto in diverse aree del Mediterraneo e nella stessa Liguria dai Romani che ad esso attribuivano proprietà curative. Il basilico divenne coltura tradizionale a Genova a partire dal XIX secolo, grazie all'introduzione delle serre in agricoltura all'interno di un territorio di grande vocazione agricola: l'area del ponente genovese.
Le eccellenti caratteristiche del prodotto hanno orientato la coltivazione in maniera specializzata per l'uso culinario e la coltivazione si è presto diffusa in tutta la costa della regione grazie alla favorevoli condizioni climatiche e alla trasmissione delle tradizioni agricole: molto spesso si tratta degli stessi agricoltori del genovesato trasferitisi per trovare nuovi terreni per incrementare le produzioni. Così, partendo dal genovesato, la zona di produzione si è espansa a levante e a ponente, in quanto l'intero territorio ligure ha dimostrato un'alta vocazione per l'ottenimento di un prodotto tipico riconosciuto in tutto il mondo. Il basilico, infatti, è una specie che risente fortemente dell'ambiente di coltivazione: per questo motivo quello coltivato in Liguria è omogeneo nella qualità in funzione degli ambiente di coltivazione (serra e pieno campo), delle tecniche di coltivazione e della lavorazione.
Il Basilico Genovese DOP è un prodotto con la protezione comunitaria della "denominazione di origine protetta" che viene attribuito agli alimenti le cui caratteristiche qualitative sono dovute essenzialmente alle peculiarità di uno specifico territorio. La certificazione è stata attribuita in seguito alla dimostrazione dell'influenza dell'ambiente e delle tecniche tradizionali di produzione tramandate nel tempo per l'ottenimento un prodotto inimitabile, ingrediente base nella ricetta del pesto genovese.
Nel 2008 viene riconosciuto dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali il “Consorzio di tutela del Basilico Genovese Dop” a cui aderiscono quasi la totalità dei produttori.
Consulta la scheda di dettaglio
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- Disciplinare del basilico genovese dop (2 Downloads)
Una fattoria didattica è un'azienda agrituristica in grado di ospitare e svolgere attività didattiche e divulgative nel campo dell'educazione alimentare, dell'agricoltura e dell'ambiente.
Le attività didattiche che si possono svolgere in una fattoria vanno dalle visite guidate, residenziali e non, a giornate dimostrative durante le quali ci si può prendere cura di un orto, di un oliveto o di un frutteto: le aziende si trasformano in veri e propri laboratori del fare e del gustare. Le visite in azienda possono essere integrate e completate organizzando incontri preliminari in aula.
Nel 2003 la Giunta regionale con DGR n.71/2003 aveva attivato il "Progetto regionale delle fattorie didattiche: saperi e sapori della Liguria" per avvicinare il mondo della scuola alla vita di una fattoria tradizionale. Lo stesso anno con DGR n.1014/2003 del 6 agosto ha poi approvato un protocollo d'intesa con Direzione Scolastica Regionale, Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti e Confagricoltura per l'attivazione del progetto.
Le fattorie didattiche sono regolamentate dalla dgr n.59/2020 e dalla lr n.37/2007 e devono sottoscrivere la Carta degli impegni e della qualità .
In questa pagina puoi scaricare il libretto delle "Fattorie didattiche della Liguria"
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- Logo ufficiale fattorie didattiche (2 Downloads)
- elenco delle fattorie didattiche - aggiornato a gennaio 2025 (1 Download)
Il disciplinare di produzione sta alla base della certificazione di qualità.
Nel caso del vino il disciplinare è la norma a cui si deve far riferimento per ottenere un vino a DOCG, DOC, IGT. Il disciplinare è redatto in base alle tradizioni, come per la tipologia di forma d'allevamento del vigneto, o per i vitigni utilizzati.
I disciplinari sono divisi in articoli in cui si specifica:
- la denominazione, a che vitigni si riferisce, in che percentuale e la zona esatta (confini amministrativi e territoriali);
- la resa dell'uva, il titolo alcolometrico minimo dell'uva, la densità delle viti;
- come deve avvenire la vinificazione;
- le caratteristiche tecniche del prodotto finito come colore, odore, gradazione alcolica effettiva, acidità totale, estratto secco minimo;
- le designazioni (ovvero gli specifici nomi legali dei vini previsti in seno alla denominazione/indicazioni), le menzioni (ad esempio, riserva, millesimato, ecc.), le prescrizioni per l'etichettatura e presentazione del prodotto;
- notizie storiche e legami con il territorio;
- organismo di controllo designato (l'ente di certificazione).
La severità dei requisiti specificati nella norma cresce da IGT a DOC a DOCG a DOCG con sottozone.
I vini che hanno ottenuto il marchio doc o igt in Liguria sono attualmente dodici:
- 8 DOC: Rossese di Dolceacqua, Ormeasco di Pornassio, Riviera Ligure di Ponente, Valpolcevera, Golfo del Tigullio, Colline di Levanto, Cinque Terre, Colli di Luni
- 4 IGT: Colline Savonesi, Liguria di Levante, Colline Genovesi, Terrazze dell’Imperiese.
Di seguito trovi la mappa dei vini liguri con la distribuzione sul territorio delle varie tipologie e i relativi disciplinari di produzione.
L'Associazione Viticoltori della provincia di Imperia ha presentato a novembre 2023 una proposta di modifica del disciplinare al vino DOP Rossese di Dolceacqua, consultabile qui di seguito tra i documenti allegati.
Consulta nella sezione "Vetrina" le schede di dettaglio.
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- Colline del Genovesato IGT (1 Download)
- Val Polcevera DOC (1 Download)
- Pornassio o Ormeasco di Pornassio DOC (1 Download)
- Colli di Luni DOC (1 Download)
- Colline di Levanto DOC (2 Downloads)
- Cinque terre e Cinque terre Sciacchetrà DOC (0 Downloads)
- Liguria di Levante IGT (1 Download)
- Terrazze dell'Imperiese IGT (1 Download)
- Riviera Ligure di Ponente DOC (1 Download)
- Golfo del Tigullio-Portofino o Portofino DOC (1 Download)
- Rossese di Dolceacqua o Dolceacqua DOC (1 Download)
- Colline Savonesi IGT (2 Downloads)
- proposta di modifica disciplinare vino dop Rossese di Dolceacqua (1 Download)
Le fattorie didattiche sono aziende agrituristiche della Liguria che rispettano i parametri previsti dalla Carta degli impegni e della qualità che contiene i requisiti e gli obblighi che le aziende devono assumersi per essere inserite nella banca dati degli agriturismi sezione delle fattorie didattiche.
L'azienda deve possedere dotazioni strutturali e condizioni di sicurezza idonee ad accogliere le scolaresche. Deve esibire il logo approvato dalla Regione e aderire a circuiti didattici specifici e fornire adeguato materiale educativo e informativo.
L'accoglienza, la visita e le attività didattiche vengono condotte dal personale dell'azienda in possesso dell'attestato di frequenza dei corsi di formazione approvati dalla Regione. Con DGR n.411/2014 sono state approvate le “Linee guida per la formazione degli operatori delle fattorie didattiche della Liguria”.
Con la DGR n.59/2020 sono state aggiornate le procedure per svolgere le attività di fattoria didattica e una nuova Carta degli impegni e della qualità.
Con decreto n.1565/2021 sono state approvate le linee guida per l'aggiornamento degli operatori delle fattorie didattiche della Liguria.
Le aziende interessate possono controllare e adeguare i propri requisiti in base alla Carta ed iscriversi alla Banca dati degli agriturismi sezione fattorie didattiche presentando SCIA per l’attività agrituristica presso gli uffici SUAP di competenza territoriale
Oltre alla SCIA bisogna presentare l’allegato 6 e la Carta degli Impegni e della Qualità firmata
- Per le aziende agrituristiche i requisiti e le procedure d'iscrizione sono stati stabiliti dalla LR n.37/2007 e dalla dgr 59/2020 art.13 e allegato 7
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- DISPOSIZIONI PER L'ISCRIZIONE DELLE AZIENDE AGRIturistiche ALL'ELENCO REGIONALE DELLE FATTORIE DIDATTICHE DELLA LIGURIa (0 Downloads)
- Delibera di Giunta regionale n.411 dell'11 aprile 2014 (3 Downloads)
- Mod. 6 - Procedure d'iscrizione (3 Downloads)
- Logo ufficiale fattorie didattiche (2 Downloads)
- Formazione degli operatori (0 Downloads)
- Procedure per svolgere le attività di fattoria didattica (0 Downloads)
- Decreto n.1565 del 15 marzo 2021 (0 Downloads)
- Carta degli impegni e della qualità delle fattorie didattiche della Liguria DGR 59/2020 (2 Downloads)
Si chiamano tradizionali quei prodotti agroalimentari i cui metodi di lavorazione e conservazione risultano consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni (ai sensi del D.Lgs. n.173/1998 e D.M. n.350/1999).
Come stabilito dal Decreto del MIPAAF del 14 Luglio 2017 ogni anno, entro il 31 di dicembre, vengono inviate al Ministero delle Politiche agricole e Forestali le schede tecniche dei nuovi prodotti da inserire nell'elenco nazionale. La Liguria è la quarta regione italiana per numero dei prodotti iscritti nell'elenco nazionale. I prodotti tradizionali liguri certificati sono 299, aggiornati al 12 marzo 2019 (D.M. 7 febbraio 2019): puoi consultare tutte le schede dell'atlante.
Di seguito puoi scaricare il documento contenente le procedure per l'aggiornamento annuale dell'elenco regionale e la scheda identificativa necessaria per l'aggiornamento dell'atlante.
Puoi consultare l’elenco completo dei prodotti tradizionali agroalimentari liguri aggiornato al 12 marzo 2019.
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Nell'Unione Europea la produzione e la classificazione dei vini sono disciplinate da appositi regolamenti comunitari e dalle relative norme nazionali applicative. Nel corso degli ultimi anni la legislazione si è aggiornata con l'emanazione della nuova OCM "Vino": il riferimento principale è il Regolamento Ce n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli.
La nuova regolamentazione è in vigore dal 1º agosto 2009. La vecchia normativa prevedeva la distinzione dei vini in due grandi categorie: Vini da tavola e Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VQPRD). Ora, la macro distinzione concettuale è tra Vino a Origine Geografica e Vino senza Origine Geografica: i primi (DOP e IGP) sono quelli che possiedono un legame territoriale e un disciplinare i secondi non hanno né legame territoriale né disciplinare di produzione (in sostanza, sono quelli precedentemente definiti "vini da tavola"). Un'altra rilevante novità è che i controlli, come per tutti gli altri prodotti DOP e IGP, non sono più affidati ai Consorzi di Tutela ma agli Enti di Certificazione accreditati. In pratica, l'ottenimento e mantenimento delle DOCG, DOC e IGT sono a tutti gli effetti certificazione di prodotto obbligatoria (ovviamente per chi vi aderisce, potendo comunque produrre vino generico e quindi svincolarsi dai disciplinari e dalle leggi sui vini a denominazione/indicazione). Chiaramente, anche le regolamentazione per la designazione e l'etichettatura è stata aggiornata (Reg. Ce 607/2009).
La suddivisione ufficiale (Reg. Ce n. 1234/2007) ora distingue (in ordine crescente di specificità):
- Vino (ex "da tavola");
- Vino Varietale;
- Vino a Indicazione Geografica Protetta IGP;
- Vino a Denominazione di Origine Protetta DOP;
- Vino a Denominazione di Origine Protetta DOP con indicazione della sottozona o della menzione geografica aggiuntiva.
Sino alla pubblicazione del D.LGS. 8 aprile 2010, n. 61 (ovvero dall'11 maggio 2010) la legislazione italiana in materia di vino era retta dalla storica Legge n°164 del 10/2/1992, "Nuova disciplina delle denominazioni di origine". Era questa la norma che istituì i vini da tavola, i VQPRD, etc. Il D.LGS. 61 (Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell'articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88) ha abolito la vecchia L. 164 e ha recepito la nuova OCM "Vino" della UE (Regolamento Ce n. 479/2008)[1]. Pertanto, le vecchie tipologie "vino da tavola", VQPRD, VSQPRD ed altre sono state eliminate (naturalmente, si potranno ancora trovare etichette, precedenti alla revisione normativa, con questi termini). Anche le nuove normative europee sulla designazione ed etichettatura dei vini sono state recepite. Anche se può sembrare riduttivo o "semplicistico" bisogna ora abituarsi a chiamare la categoria base della "piramide" unicamente "vino" senza aggiungere altre qualifiche (da tavola, etc.) in quanto la legge le ha abolite.
In Liguria complessivamente ci sono 2358 ettari di vigneti; di questi 888 ettari sono vigneti di qualità coltivati da 1900 aziende specializzate che producono complessivamente un potenziale produttivo in vino di circa 63000 ettolitri.
Igt: indicazione geografica tipica
Riconoscimento di qualità attribuito ai vini da tavola caratterizzati da aree di produzione generalmente ampie e con disciplinare produttivo poco restrittivo. L'indicazione può essere accompagnata da altre menzioni, come quella del vitigno.
Sono vini IGT:
- Colline Savonesi
- Liguria di Levante
- Colline del Genovesato
- Terrazze dell'Imperiese
Doc: denominazione di origine controllata
Il marchio DOC viene attribuito ai vini prodotti in zone delimitate, di solito di piccole e medie dimensioni, con indicazione del loro nome geografico. Di norma il nome del vitigno segue quello della doc e la disciplina di produzione è piuttosto rigida (Legge 164/92).
Sono vini DOC :
- Rossese di Dolceacqua o Dolceacqua
- Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà
- Riviera Ligure di Ponente (D.M. 31/03/88)
- Colli di Luni
- Colline di Levanto
- Golfo del Tigullio – Portofino o Portofino
- Val Polcevera
- Pornassio o Ormeasco di Pornassio
Docg: denominazione di origine controllata e garantita
Viene attribuito ai vini doc di particolare pregio qualitativo e di notorietà nazionale e internazionale. Questi vini vengono sottoposti a controlli più severi, debbono essere commercializzati in recipienti di capacità inferiore a cinque litri e portano un contrassegno dello Stato che dà la garanzia dell'origine, della qualità e che consente di numerare le bottiglie.