Per impianti illegali si intendono quei vigneti impiantati senza disporre dei corrispondenti diritti di impianto introdotti con il Regolamento CE n.822/1987. Nel regolamento CE n.491/2009 (OCM unica in vigore) nella sezione IV bis, sottosezione I  vengono suddivisi gli impianti illegali a seconda del periodo in cui è stato realizzato l'impianto stesso. Si distinguono in particolare due casi:

  1. impianti illegali tra il 1 aprile 1987 e il 31 agosto 1998;
  2. impianti illegali posteriori al 31 agosto 1998

Per gli impianti del punto 1) : attualmente i termini per la regolarizzazione di tali impianti sono scaduti e la normativa vigente NON prevede per ora ulteriori finestre di sanatoria.

Per gli impianti del punto 2) i produttori estirpano a loro spese le superfici impiantate a vite nel periodo sopraccitato come previsto da art. 85 bis comma 1 del Regolamento CE n.491/2009.

Per gli impianti anteriori al 1 aprile 1987, come conseguenza dei due casi sopraccitati, la normativa prevede che, anche senza disporre dei corrispondenti diritti di reimpianto, sono legali e quindi soggetti solo alle disposizioni normative relative alla gestione del potenziale viticolo, con pagamento della sola sanzione amministrativa per la mancata e ritardata dichiarazione nello schedario viticolo regionale che ammonta ad euro 62 per ogni decara o frazione di decara (1000 mq) di superficie a vigneto, come previsto dalla legge regionale n.6 del 14 febbraio 2007 Rideterminazione di sanzioni amministrative nel settore vitivinicolo, pubblicata sul Bollettino Ufficiale regionale n.4 del 21 febbraio 2007.

La superficie per poter essere sanabile al momento della presentazione della domanda deve possedere i seguenti requisiti:
1. essere coltivata a vigneto ed essere in produzione;
2. essere coltivata con varietà di uva da vino autorizzate in Regione Liguria;
3. avere anno di impianto antecedente al 1987 da comprovare con documentazione.

Il versamento deve essere effettuato  solo dopo il sopralluogo del tecnico regionale atto a verificare requisiti e superficie da sanare. Di seguito gli estremi: CC postale n.526160 intestato a Regione Liguria, causale: "sanzione amministrativa per iscrizione tardiva allo schedario viticolo"

Ad ogni territorio la sua coltivazione: questa è la filosofia per una viticoltura di qualità.
Le varietà di viti sono classificate in base a caratteristiche specifiche, come l'attitudine alla produzione di uve da vino e l'ambito territoriale di coltivazione, e vengono autorizzate dalla Regione Liguria. La classificazione è stata definita con D.G.R. n.685/2003 del 20 giugno e modificata con D.D. n. 755/2004 del 24 aprile (integrazione delle varietà Scimiscià B., Rossese Bianco B. e Barsaglina N.) e  D.D. n. 1533/2004 del 27 luglio (integrazione della varietà Albarossa N.)
Soltanto le varietà di vite per uva da vino menzionate nella classificazione come varietà idonee alla coltivazione e riportate nelle delibere regionali possono essere impiantate, reimpiantate o innestate per la produzione di uva da vino a denominazione di origine protetta.

La Regione Liguria, ma anche aziende vitivinicole singole o associate, enti di assistenza tecnica, consorzi di tutela, enti pubblici o istituzioni scientifiche operanti nel settore della vitivinicoltura, possono promuovere l'inserimento di una nuova varietà di vite. L'inserimento di una varietà di uva da vino avviene comunque dopo prove attitudinali alla coltura per almeno tre vendemmie e ultimamente all'elenco regionale si sono aggiunte antiche varietà locali come lo scimiscià, la barsaglina, il rossese bianco e l'albarossa.

Per essere sempre aggiornato sulla realtà agricola ligure nelle biblioteche regionali trovi disponibili riviste, giornali e libri.

Tutte le pubblicazioni ufficiali della Regione Liguria sono raccolte nella biblioteca del Consiglio Regionale, mentre se hai bisogno di informazioni specifiche per il settore agrario puoi trovare tutto il materiale utile nella biblioteca del Servizio fitosanitario regionale.

È possibile consultare le pubblicazioni cartacee presso la Biblioteca della Regione; per ulteriori informazioni vai alla pagina dedicata sul sito di Regione Liguria

Perinaldo è un piccolo borgo che chiude la vallata del Crosia, all'estremità occidentale della Liguria. Una valle ricca di uliveti, la cui coltivazione è già citata in documenti del XII secolo e dove, pare, i frati minori di San Francesco innestarono i primi ulivi di taggiasca.

Meno nota è la produzione di un eccellente carciofo, importato due secoli addietro dalla vicina Provenza e acclimatatosi egregiamente in questa zona. Si tratta del "violet" francese introdotto, secondo la leggenda, dallo stesso Napoleone Bonaparte. Pare che durante la campagna d'Italia del 1796, dopo una sosta presso una nobile famiglia di Perinaldo, appreso che in zona non si conoscevano gli ottimi carciofi violetti coltivati nella vicina Provenza, Napoleone abbia fatto dono - successivamente - di alcuni piantine ai Perinaldesi.
Da quel momento in poi gli abitanti del piccolo comune lo diffusero negli orti locali. Il carciofo di Perinaldo, che è coltivato solo qui e in Provenza, tra i 400 e i 600 metri sul livello del mare, è senza spine, tenero e non ha barbe all'interno. Necessita di un buon drenaggio e non a caso lo si trova spesso ai bordi dei muretti a secco. Resiste alle temperature rigide, sopporta bene la siccità e non ha bisogno di trattamenti chimici, quasi come un ortaggio selvatico. Si raccoglie da maggio a giugno.
I Perinaldesi sono molto gelosi di questa rarità e forse è per questo, e non solo per l'esposizione, le caratteristiche del terreno e il microclima locale, che il carciofo violetto di Perinaldo è coltivato solo in questo piccolo centro e non nei paesi limitrofi. Si consuma crudo, in insalata oppure cotto in accompagnamento a carni o selvaggina. Le ricette tradizionali di Perinaldo lo vedono protagonista di frittatine, al forno con parmigiano e funghi, o in semplici frittelle con aglio e prezzemolo.

Il presìdio Slow Food

Piccolo, carnoso, latteo: è il rundin. Si semina a filari ordinati a maggio e si raccoglie a settembre. Vecchio di secoli, è giunto in Liguria probabilmente dalla Spagna attraverso la Provenza nel XVII secolo e ha trovato nella Valle Argentina e sulle alture di Pigna e Conio un habitat ideale e un nome. Le tre varietà si differenziano per la forma e le dimensioni: reniforme e un pochino più grosso il pignasco, ovoidali e più piccoli gli altri due.
Il segreto della loro bontà e delicatezza è ovviamente il terreno, il sole, ma soprattutto l'acqua sorgiva e calcarea di questo angolo di Liguria. Coltivati sulle terrazze in pietra a secco, arrampicati alle canne legate a covoni, i fagioli di Badalucco, Pigna e Conio sono coltivati soprattutto da anziani che mantengono ancora viva la tradizione di questa coltura. Si consumano lessi conditi con olio extra vergine, aglio, alloro, salvia e qualche grano di pepe, secchi nelle saporitissime zuppe oppure in pastella nei frisceui. Ma il piatto simbolo è senz'altro la capra e fagioli.

Il presìdio Slow Food

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